venerdì 16 gennaio 2009

Ancora sui sapori

Il progetto “I sapori della provincia di Napoli” rappresenta una occasione per innescare un meccanismo nuovo e produttivo attraverso un vero e proprio “riconoscimento” rivolto a pizzerie, trattorie, ristoranti, alberghi e piccoli esercizi commerciali specializzati che sottoscriveranno un codice di comportamento, da monitorare nel tempo e basato su alcune semplici “regole”.La grande cucina nasce nei campi, dove gli agricoltori hanno saputo trarre dalla terra prodotti unici che bisogna difendere e sviluppare sempre più.Ma è anche quella dei prodotti del nostro mare, in particolare il pesce azzurro troppo spesso sacrificato in nome di una progressiva omologazione del gusto. Solo dalla unificazione di questi mondi, dalle diverse intelligenze che esistono, è possibile rilanciare un “marchio” di qualità territoriale. La scommessa è quella di costruire un’alleanza tra mondo agricolo che deve puntare sempre più sulla qualità dei prodotti, mondo della trasformazione dei prodotti agricoli che deve puntare su sistemi innovativi e rispettosi delle qualità originarie, e mondo della ristorazione che deve sempre più utilizzare, interpretandole al meglio, le grandi qualità dei prodotti tipici e tradizionali. La Provincia di Napoli sosterrà questo dialogo e questa alleanza strategica.A questo proposito si possono determinare cinque circuiti diversi:- il circuito dei prodotti dell’eccellenza (cibo-vino) elaborati dai grandissimi cuochi che rileggono la cucina regionale dandogli respiro internazionale;- il circuito dei prodotti di qualità, interpretati dai tantissimi ottimi ristoranti, nel rispetto della tradizione regionale;- il circuito delle trattorie e delle pizzerie di qualità in alternativa al fast-food che, partendo dall’uso di prodotti tipici, possano offrire un giusto equilibrio tra qualità e prezzo, nei tempi sempre più veloci della società moderna recuperando una antica tradizione napoletana, “il mangiar per strada”;- il circuito degli alberghi dove troppo spesso, in nome di una falsa interpretazione del gusto internazionale, si sacrificano le produzioni tipiche locali non cogliendo invece la grande attenzione dei clienti che sono sempre più attenti al gusto legato al territorio;- il circuito dei piccoli negozi, già penalizzati dalla prepotenza della Grande Distribuzione, che possono ritrovare un proprio ruolo proprio nella specializzazione legata alla distribuzione dei prodotti tipici e tradizionali;- il circuito degli agriturismo su cui dovrà innescarsi un meccanismo ancora più coerente nel proporre i prodotti della terra, utilizzando anche uno scambio in rete dei propri prodotti agricoli.I vantaggi di questa iniziativa sono legati alla costruzione della cosiddetta filiera breve aziende agricole – aziende commerciali con enormi benefici per le stesse e per i consumatori; una maggiore qualificazione di entrambi i settori che incominceranno a parlarsi direttamente; un maggior valore aggiunto legato alla specializzazione e all’identificazione territoriale; la possibilità di coniugare sicurezza alimentare, qualità dei prodotti e dei servizi, conservazione delle biodiversità alimentari e culturali.Ci apprestiamo, quindi, a fare un viaggio nella eno-gastronomia campana i cui pilastri sono la pasta (nelle sue mille varietà di forme e confezioni), l’olio di oliva extravergine, i derivati del latte (con quell’autentica “regina” che è l’inimitabile “mozzarella di bufala”), i pomodori (il San Marzano e quelli al “piennolo” del Vesuvio), i vini, gli aromi che esaltano i sapori e favoriscono un’equilibrata assimilazione dei principi nutritivi della “dieta mediterranea”. A simbolo stesso della nostra cultura alimentare c’è, poi, la “pizza”, che è ormai diventata patrimonio dell’umanità: farina, acqua, sale, pomodoro, basilico, olio d’oliva e mozzarella per una portata che è più solare di una tavolozza e regge il paragone con l’impressionismo del “Soleil levant” di Claude Monet.Sono “I sapori della provincia di Napoli”.