Non si può far cadere nel vuoto l’interessante nota di Luigi Nicolais apparsa stamattina su Il Mattino dal titolo “Una ricetta verde per la Campania”.
Egli stesso ci invita ad aprire un dibattito che, certo, non deve rimanere nel chiuso della politica, deve essere il più ampio possibile, ma è evidente che può segnare uno spartiacque anche rispetto al falso dibattito che si è sviluppato sulla “questione morale” e, peggio ancora, sulla chiusura del dibattito stesso in un ambito esclusivamente centrato sulle giunte e sugli assessori.
Dalla grave crisi economica e morale si può uscire in due modi. O difendendo più o meno l’esistente o puntando a “progettare” il futuro.
L’impostazione data da Nicolais punta sicuramente sul secondo modo e, al di là dei massimi sistemi legati al richiamo ad Obama, c’è un terreno più circoscritto di sperimentazione del futuro altrettanto interessante.
Lascio da parte la polemica sul dualismo “ambientalismo del fare” e su quello del “no”. E’ un falso problema legato più ai ritardi della politica nell’affrontare preventivamente le questioni. Mi interessa piuttosto guardare in avanti, a quella che Jeremy Rifkin ha definito “la terza rivoluzione industriale”, incentrata esattamente sulle energie da fonti rinnovabili. Mi interessa lo sviluppo di una “economia parallela” incentrata sulla ricerca, nell’industria ecocompatibile, nell’agricoltura “buona, pulita e giusta”, nell’edilizia sostenibile a risparmio energetico, nel turismo, nell’istruzione e nella cultura, nella qualità della vita. Mi interessa che, anche approfittando dell’opzione federalista, non si ci concentri solo sulle “green technologies” ma ci possa essere un modello culturale, umanistico e filosofico, altro che si richiami ai valori di Bruno e Campanella, perché resti agganciato ad una cultura meridionalista che ama la vita e non solo “la produttività legata al dio denaro”.
E’ una rivoluzione copernicana che fa riferimento a quello che il Sud ha sempre prodotto sul piano culturale, prima ancora che tecnologico.
Ci può essere utile, a tal proposito, quello che Cesare Pavese (piemontese doc) scriveva all’editore Giulio Einaudi: “…Egregio Editore, è venuta l’ora di dirVi, con tutto il rispetto, che fin che continuerete con questo sistema di sfruttamento integrale dei Vostri dipendenti, non potete sperare dagli stessi un rendimento superiore alle loro possibilità. C’è una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere. La natura insomma ci chiama, egregio Editore; e noi seguiamo il suo appello…” (Mario Mastopaolo – Libro d’amore e d’anachia - 2009).
Certo concordo sul fatto di concentrare tutte le risorse disponibili su questi obiettivi e, il metodo della partecipazione democratica è fondamentale per far ridiventare i cittadini (organizzati e non genericamente intesi) protagonisti del futuro che si vuole costruire.
Ma non si può progettare il futuro senza partire dal dare un segnale forte nel presente, con scelte coraggiose e, in alcuni casi draconiane (ad esempio sul traffico). Si può partire già da quanto scritto nel programma regionale (cui ho contribuito a redigere quale responsabile del programma dei Verdi) e non ancora realizzato. Si può partire dal capitolo su “La sostenibilità ambientale” che fu oggetto anche di un importante seminario dei DS, frutto di una riunione, fatta all’epoca proprio con i Verdi.
Insomma partire dal presente (le bonifiche in particolare) per progettare il futuro. Così risponderemmo anche all’importante sollecitazione del Capo dello Stato “sull’impoverimento culturale e morale” delle classi dirigenti meridionali. Abbandonando sterili discussioni sulle persone e sviluppando un dibattito ampio e partecipato sul futuro, trasformando i partiti da consorterie ad “atelier del futuro”.
I Verdi sono pronti e accettano la sfida.
Spero che lo siano anche gli altri partiti del centrosinistra.
Caserta, lì 20/01/2009